Al di fuori dei confini albanesi, il nome dello scrittore e politico Pjetër Filip Arbnori (Durazzo, 1935- Napoli, 2006) è ancora oggi poco conosciuto
Al di fuori dei confini albanesi, il nome dello scrittore e
politico Pjetër Filip Arbnori (Durazzo, 1935- Napoli, 2006) è ancora oggi poco
conosciuto, come avvolto anch’esso dalla fitta coltre di nebbia che ha
stazionato a lungo sul Paese balcanico. Se ne parla oggi, a oltre un decennio
dalla scomparsa, al momento della pubblicazione, in Italia, del suo Diario
inedito: cruda testimonianza della lunghissima detenzione ( più di 28 anni, dal
1961 al 1989) patita nelle prigioni albanesi durante la dittatura comunista di
Enver Hoxha. Una pubblicazione curata da Dario Fertilio, cui Arbnori, poche settimane
prima della morte, aveva regalato il Diario, come omaggio al giornalista e
saggista fondatore,. Con Vladimir Bukovskij, dei Comitati internazionali per la
Libertà e promotore, dal 2003, del «Memento
Gulag», la giornata (7 novembre) della memoria per le vittime del Comunismo
e di tutti i totalitarismi. Predominanti nel Diario sono i riccordi legati alla
detenzione, in uno stillicidio di violenze, umiliazioni, illusioni, delusioni,
che mettevano a dura prova le capacità di resistenza, fossero anche sorrette
(come per Arbnori) dalla fede. Non mancano, comunque, notazioni più
propriamente politiche su una Albania chiusa al mondo esterno dopo le rotture con
Jugoslavia, URSS e Cina. Una chiusura soprattutto nei confronti del mondo
occidentale, sul piano politico ed economico, in cui Arbnori - che, dopo, il
1989, sarà eletto deputato nelle file del Partito Democratico d’Albania e, per
due volte , presidente del Parlamento- vedrà «uno dei danni maggiori causati
dal Comunismo all’Albania». Modello da evitare l’Occidente, ancor più il clero
cattolico, visto nell’Albania di Hoxha come il maggior nemico sul piano
sociale, culturale e politico. Nemico perché espressione del patriottismo
albanese contro una «entità estranea» come l’internazionalismo marxista, e perché
contrario a derive panslaviste accarezzate, nemmeno troppo velatamente, dalla
Jugoslavia. Contro un nemico di tal fatta, ma anche contro tutti gli oppositori
veri o presunti, compresi alcuni comunisti, il regime di Hoxha avrebbe posto in
atto- attraverso la famigerata Sigurimi, la
polizia segreta- i metodi più subdoli ed efferati tipici di ogni totalitarismo.
Data recensione: 01/06/2018
Testata Giornalistica: Storia in Rete
Autore: Guglielmo Salotti