“La ricordo quella casa/vi accadeva poco o nulla/forme e sostanze erano fuse/ma nell’oscurità prendeva corpo
“La ricordo quella casa/vi accadeva poco o nulla/forme e
sostanze erano fuse/ma nell’oscurità prendeva corpo/il mistero delle parole/e
appariva tutta la mia follia/abitava già lì il mio dolore”[...].
Comincia così Il sole velato di Marco
Boietti, un’opera “atipica” e simultaneamente poetica. Poetica perché il
linguaggio adoperato in questo piccolo libro è la poesia. È lei il terzo – o
forse sarebbe meglio dire il primo – protagonista di questa storia che affianca
Paul e Claire conosciutisi per caso durante la visita di un appartamento
tramite un’agenzia immobiliare. Dalle prime battute si potrebbe immaginare di
essere in pieno giorno. Esatto: "battute", poichè invero le prime
pagine si aprono con un dialogo tra lui e lei che, guardandosi intorno,
definiscono l’appartamento molto luminoso. Un dialogo che si consuma in due
righe – appena una pagina – salvo poi cambiare registro: nela pagina successiva
si viene risucchiati nel vortice della poesia e della musicalità che ci
accompagna fino alla fine della storia. Una storia d’amore, struggente,
delicata, che non poteva essere narrata altrimenti se non attraverso i versi
del poeta.
È un’opera atipica perché al suo interno ci si imbatte dapprima nella prosa,
poi nella poesia, poi in una sorta di teatro e infine nella musica. le parole
difatti recano molta liricità al dialogo tra Paul e Claire, è come entrare in
una scenografia con sottofondo musicale, esattamente come l’ha definita
Alessandra Paganardi nella sua prefazione. Ma, oltre alla poesia, si ha come l’impressione
di leggere una lettera d’addio, un gesto d’amore che culmina nella fusione dei
corpi dei due protagonisti e di cui al lettore non è dato sapere quale sia dopo
la loro sorte.
Un libro incantevole per chi ama la poesia, di tutt’altra opinione per chi
preferisce il classico romanzo da leggere.
Data recensione: 01/01/2018
Testata Giornalistica: Leggere:tutti
Autore: Carla Iannacone