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Continua la saga di Spartaco, l’adolescente ribelle che vive nella campagna figlinese degli anni ’60, nato dalla fantasia e dalla prolifica penna di Angelo Australi, il “romanziere di Figline”. È fresco di stampa “L’usignolo di provincia”, che conferma la

Il romanziere Australi presenta l’ultimo lavoro: “L’usignolo di provincia”Continua la saga di Spartaco, l’adolescente ribelle che vive nella campagna figlinese degli anni ’60, nato dalla fantasia e dalla prolifica penna di Angelo Australi, il “romanziere di Figline”. È fresco di stampa “L’usignolo di provincia”, che conferma la valida vena narrativa di Australi, conferendole un posto d’onore all’interno della letteratura italiana contemporanea. Abbiamo intervistato l’autore.A quando la presentazione ufficiale dell’ultimo romanzo?Il libro è già in distribuzione nelle librerie e con il mese di luglio entrerà anche nel circuito dei negozi Coop. Stiamo facendo un calendario di presentazioni estive per il Valdarno.Cosa aggiunge questo romanzo alla storia di Spartaco, il giovane ragazzo ribelle?Con “L’usignolo di provincia” si completa la panoramica sugli spazi grazie ai quali l’adolescente Spartaco è potuto crescere. La famiglia di artigiani e il paese non restano più sullo sfondo, subiscono i condizionamenti del boom economico degli anni sessanta del secolo scorso e li trasferiscono come condizione educativa sulla vita del ragazzo. Evitando di fare i conti con le proprie illusioni gli adulti adottano ogni fatto per conquistare la sua fiducia. All’apparenza sembra tutto vincolato da antichi riti di convivenza, ma l’arrivo della televisione, la trasformazione del lavoro e le nuove abitudini della famiglia, vissuti con la vivacità di Spartaco sono un elemento scatenante che fa emergere le intrinseche contraddizioni di quel mondo che, avendo sullo sfondo la la seconda guerra mondiale, è riuscito a distruggere con i suoi orrori ogni passaggio tra il passato e il presente. Dietro a tutto questo Spartaco trova risposta nella scoperta della dimensione poetica della vita.E nei romanzi precedenti?In “Zia Oria”, il primo libro della trilogia, Spartaco scopre, grazie agli affetti che gli dimostra una contadina, il conforto di un bisogno arcaico in un linguaggio originariamente autentico. “Dalla foce alla sorgente”, il secondo libro, uscito nel 2005, Spartaco scopre il valore dell’amicizia e l’avventura, entrambi elementi di un forte richiamo epico della vita e, conseguentemente, del linguaggio. Ne “L’usignolo di provincia” la traccia su cui si sviluppa la storia sta nella scoperta della dimensione poetica della vita. Alcuni dei capitoli de “L’usignolo di provincia” sono già stati pubblicati in veste di racconti in precedenti occasioni, adesso ho sentito il bisogno di dargli una forma definitiva come come storia unitaria; le parti inedite e i brani di collegamento sono stati scritti l’anno scorso. A quali altri romanzi può essere avvicinato “L’usignolo di provincia”? È stato più volte ribadito in alcuni articoli e interventi critici che le gesta di Spartaco sono la riprova di come sia ancora oggi possibile scrivere un “Bildungsroman”. Quali sono i romanzi a cui può essere avvicinato non lo so, posso dire quali sono i libri che io preferisco in assoluto come lettore: ”La scienza nuova”di Gianbattista Vico, “L’armata a cavallo” e “I racconti di Odessa”di Isaak Babel, “Il giovane Holden”di J. D. Salinger, “Le avventure di Huckleberry Finn”di Mark Twain, “Chiamalo sonno”di Henry Roth, “Amici”e la trilogia “La miseria”, “La siccità”, “Il gelo”di Romano Bilenchi, “Amore cieco”di V.S. Pritchett, “Cattedrale”di Raymond Carver, “I 49 racconti”di Hemingway e “Viaggio al termine della notte”di Céline. Ma sopra a tutti “Pedro Pàramo”di Juan Rulfo. Non credo che troverà niente di tutto questo nei miei libri, però sono quelle opere che ho letto, riletto, e verso le quali non mi stancherò mai di tornare.Quale critico letterario ha apprezzato le vicende di Spartaco?Sono in molti gli amici di Spartaco, che spero riesca a farsene di nuovi grazie a “L’usignolo di provincia”.Mancava un romanziere a Figline? Si sente preoccupato dal peso di questo ruolo?Quando scrivo ho delle responsabilità solo verso me stesso, non trovo altra risposta da darle. La scrittura è un punto di vista, chi scrive cerca caparbiamente di realizzare al meglio le proprie aspettative per incontrare quel punto di vista sul mondo che lo circonda, non deve pensare ad alcuna forma di mediazione se non quella che lui stesso si è posto per trovare una scintilla di luce anche nei luoghi più oscuri e profondi. Come cittadino di una comunità, penso invece che la formazione di una vera civiltà ha bisogno di un ambiente favorevole alla crescita della personalità. Metaforicamente, come coltivare un campo: la civiltà di un territorio mette radici, fiorisce, si sviluppa e da i suoi frutti. Il fatto organico di una civiltà autenticamente genuina e originale è questo, anche se espresso in termini semplificativi per immagini. Credo che a Figline e nel Valdarno in questo trentennio si sia investito molto in questa direzione, piuttosto che accontentarsi di quel surrogato che gli viene preparato e dato in pasto bell’e pronto all’esterno. È anche questo uno dei motivi per cui non mi sono mai sentito in prigione a vivere questi grandi sogni individuali nella terra dove sono nato e cresciuto.Programmi per il futuro?Oltre a promuovere l’uscita di questo ultimo romanzo ho scritto alcuni racconti che saranno pubblicati su riviste di letteratura, uno uscirà a breve ne “L’area di Broca”di cui è direttrice Mariella Bettarini. Il titolo è “Amare e/o lavorare”. Sia in questo che negli altri ci sono personaggi calati nel presente, un bisogno che era già emerso in “Non ci sono troppe vie di fuga”, la raccolta di racconti edita dal Circolo Letterario Semmelweis nel 2007. Se ci sarà un prossimo romanzo, sarà pieno di personaggi adulti. Promesso.
Data recensione: 09/07/2010
Testata Giornalistica: Il Nuovo Valdarno
Autore: Luca Tognaccini