l viaggio, o meglio il «pellegrinaggio in città» di Marco Vichi alla ricerca dell’anima di Firenze è un’occasione molto buona per capire la religiosità dei fiorentini. Bisogna parlare di religiosità, in questo caso, perché Vichi non si limita ad andare
Il viaggio, o meglio il «pellegrinaggio in città» di Marco Vichi alla ricerca dell’anima di Firenze è un’occasione molto buona per capire la religiosità dei fiorentini. Bisogna parlare di religiosità, in questo caso, perché Vichi non si limita ad andare nelle chiese cattoliche ma entra anche nelle moschee, nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti.
Una prima impressione: le persone religiose viste da vicino sono molto migliori di chi non crede a nulla.
Ovviamente il viaggio dello scrittore riguarda le religioni monoteiste. La differenza tra un uomo e una donna che credono in Dio rispetto a chi non crede è enorme. Il credere è quasi sempre per tutti investigare dentro se stessi, ricercare nella propria coscienza le ragioni della vita, domandarsi il fine della storia dell’uomo quale sarà.
Per questa ragione questa indagine scritta per un quotidiano fiorentino ha un suo modesto ma discreto fascino. Perché modesto: ormai chiunque abbia un po’ di confidenza con la cultura, nel senso di ricerca della verità, sa bene che la religiosità dell’uomo ha come motore di ricerca la ragione. Le domande sul fine ultimo della vita che ogni persona colta o intelligente si pone partono sempre da una base razionale ed approdano ad una risposta di fede. Solo chi dubita della invincibilità della morte si può professare disinteressato alla ragione. Il motto d San Paolo, che potrebbe essere il vero riferimento filosofico di ogni ricercatore scientifico, «spes contra spem», sperare contro ogni speranza, non è una fuga poetica verso l’ignoto ma la conditio sine qua non di chi vuole scoprire la verità non apparente.
Il fascino discreto di questa inchiesta invece consiste nella scoperta di alcune realtà ecclesiali che sono presenti anche a Firenze. Molto bello è l’incontro nella chiesa dei Santi Simone e Giuda con cattolici ucraini che celebrano la Divina liturgia di San Giovanni Crisostomo in rito bizantino. Una sorpresa che Vichi, e molti come lui, non pensavano di trovare in una chiesa fiorentina. Anche molti cattolici ignorano questa liturgia, simile a quella della «chiesa sorella» ortodossa, che merita di essere conosciuta.
Un’altra bella testimonianza viene dalla visita alla parrocchia di Santa Felicita. Una delle chiese più belle di Firenze dove è conservata una straordinaria Deposizione di Cristo del Pontormo. Qui viene fuori un parroco giovane, romano di origine, che con un linguaggio semplice ed affascinante spiga bene il rapporto tra i fiorentini e la fede. Padre Francesco Maria Giuliani, frate agostiniano del convento di Santo Spirito e priore di Santa Felicita, dice a Vichi: «Firenze è una realtà difficile. Certo anche a Roma si può parlare di scristianizzazione... Ma a Firenze di più. La Chiesa ha molto da fare. In tutta Europa, in tutta Itala... Ma a Firenze in particolare. Penso che i fiorentini, ovviamente senza generalizzare, siano cresciuti nella storia, con uno spirito critico che certe volte, se assolutizzano, rischia di diventare una trappola, perché impedisce di aprirsi alla fiducia, alla speranza e alla fede. Lo spirito critico alle volte imbriglia, diventa diffidenza. La Chiesa viene spesso conosciuta per sentito dire... Magari per colpa dei giornali». Vichi annota che il giovane frate agostiniano dice queste ultime parole sorridendo. Analisi esatta. Una lezione, quella di padre Giuliani, di storia, di sociologia e di teologia fatta con poche parole.
Anche la scoperta di parroci come il giovane agostiniano di Santa Felicita è una novità venuta fuori da questo «pellegrinaggio».
Data recensione: 18/07/2010
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Giovanni Pallanti