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Duecento anni di «Fantasia in convento» che hanno prodotto «tesori» in carta e stucco tra il Seicento e l’Ottocento, spesso realizzati con paste di reliquie formati da una farina dalle ossa dei primi martiri cristiani

Duecento anni di «Fantasia in convento» che hanno prodotto «tesori» in carta e stucco tra il Seicento e l’Ottocento, spesso realizzati con paste di reliquie formati da una farina dalle ossa dei primi martiri cristiani prelevate dalle catacombe romane. È questo l’obiettivo che ospita la mostra da oggi al sei gennaio al cenacolo di Fuligno (via Faenza 40), un tempo refettorio delle terziarie francescane del Convento di Sant’Onofrio, ornato da un capolavoro di Pietro Perugino, l’Ultima Cena. L’esposizione, ingresso gratuito, invita il presentatore a entrare all’interno dei conventi di clausura, dove le monache, e talvolta anche i frati, eseguivano lavori di grande abilità virtuosistica con pazienza e disciplina.La mostra (119 oggetti) si articola in tre sezioni. La prima è dedicata ai papièrs roulès italiani, lavori di strisce di carta dorata o eseguiti con particolari strumenti che incorniciano immagini sacre, incise, dipinte o Agnus Dei, ovali formati dalla cera del cero pasquale dell’anno precedente, provenienti dalle basiliche romane. La seconda sezione espone esemplari di paste di reliquie, stucchi particolari, formati da una farina delle ossa dei santi martiri provenienti dalle catacombe romane, tritate e versati poi in una matrice per creare figure e rilievi con immagini e scene sacre dipinte con colori smaglianti e ornate di materie vitree e luccicanti, trasformando manufatti di natura quasi macabrain oggetti allegri e gioiosi. La terza sezione rappresenta esemplari in papiers roules e paste di reliquie di altri paesi soprattutto francesi e tedeschi, che non solo testimoniano la diffusione di questi oggetti in conventi europei (Carmelitane, Orsoline, Visitantine), realizzate con un gusto diverso, ma anche l’esecuzione da parte di monaci come il professor Gayot della Certosa di Villeneuve-les Avignon , che forma il reliquiario di san Bruno, datandolo 1711. Il confronto con opere coeve in argento, in legno intagliato, tessuti ricamati, stabilisce un dialogo tra questi oggetti in materiali poveri e quelli in materiali nobili. Hanno presentato la mostra la soprintendente Cristina Acidini, Rosanna Caterina Proto Pisani, Eve Borsook, e per gli sponsor Bruno Galeazzi in rappresentanza di Axa Art e Ugo Bargagli Stoffi dell’ Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Acidini ha parlato di «evento speciale» e di opere affascinanti al confine tra arte e artigianato. Opere che hanno anche forte interesse antropologico. Affernmazione un po’ contrastata da Eve Borsook che ha sottolineato il valore artistico delle opere e raccontato com’è nato questo collezionismo : dopo il Concilio Vaticano II questi oggetti non erano più considerati importanti ed era facile trovarli ai mercatini. Una mostra da non perdere.
Data recensione: 01/11/2008
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
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