«Mi chiamo Gianfranco Cresti, sono nato prematuro a sette mesi. Sono stato colpito, dopo un giorno dalla nascita, da paralisi cerebrale spastica a causa di un’asfissia cerebrale occorsa al momento del parto». Con queste
«Mi chiamo Gianfranco Cresti, sono nato prematuro a sette mesi. Sono stato colpito, dopo un giorno dalla nascita, da paralisi cerebrale spastica a causa di un’asfissia cerebrale occorsa al momento del parto». Con queste parole quasi asettiche, comincia il libro autobiografico “Una vita seduto”, scritto da Gianfranco Cresti. In sole 86 pagine (edite da Polistampa) si dispiega una storia che colpisce per l’assenza di abbellimenti e fronzoli. Riga dopo riga, si snoda la vicenda umana di Cresti, disabile dalla nascita nel corpo, ma non nella mente. Malattie, ricoveri, crisi e la perdita dei genitori: nulla viene risparmiato al lettore. Ma parallelo al calvario fisico, c’è tutto quello che non ti aspetteresti in un libro che parla di handicap: ci sono la passione per la musica, la voglia di imparare e di stare con le persone della propria età. E c’è l’amore. Quel sentimento per Assunta, anche lei disabile, che è stato tanto profondo da farli sposare e vivere insieme. Il libro di Cresti arriva in un momento in cui il dibattito su disabilità e ‘normalità’, si è riacceso, dopo le performance sportive di Oscar Pistorius e Natalia du Toit . I due atleti sono simboli di un luogo comune ormai in crisi: quello della ‘inettitudine a vivere’ dei disabili. Disabili che rivendicano con sempre più forza il loro diritto alla felicità e alla vita. Un messaggio contenuto anche nel libro di Cresti.
Data recensione: 13/05/2008
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Luca Francescangeli