Una lettera d’amore concitata, fluviale, urgente. Una scrittura sospesa e friabile: volante come la luminosa signora cui è rivolta, eppure ancorata a una dimensione fortemente terrena e sensuale.
Sullo sfondo di una Venezia travestita da fantasmagorica “città d’acqua”, un uomo ferito da un proiettile giunto chissà da dove. Un padre che perde la ragione per averla troppo sfregata sulla superficie dei suoi sogni. Un “suonatore di silenzio” che incanta il pubblico zittendo di colpo la sua orchestra. E una casa (“costruita dagli ebrei nel Cinquecento”) che si allarga e si restringe come la cassa di una fisarmonica.
La destinataria della “lettera” è una figura fascinosa quanto sfuggente, forse reale o forse sbucata da un sogno, ma in ogni caso, come un ologramma o una creatura aliena, insensibile alle parole (e ai sentimenti) del suo interlocutore (evocando in questo la Luna leopardiana del Canto notturno: lontana e silenziosa, ma forse custode di verità precluse agli umani).
Accolta nella terna dei finalisti alla sesta edizione del Premio Logos presieduto da Walter Mauro, questa nuova prova narrativa di Alfonso Lentini si misura, per vie oblique e allusive, con alcuni temi forti del nostro tempo come la perdita del senso, le trappole della memoria e della scrittura, lo smarrimento di una generazione che voleva cambiare il mondo (tema quest’ultimo riverberato dalla malinconica chiusa che ci conduce nell’isola veneziana di San Servolo, sede fino agli anni Settanta di un manicomio la cui antica struttura ospita oggi il cosiddetto Museo della Follia).
Una lettera d’amore concitata, fluviale, urgente. Una scrittura sospesa e friabile: volante come la luminosa signora cui è rivolta, eppure ancorata a una dimensione fortemente terrena e sensuale.
Sullo sfondo di una Venezia travestita da fantasmagorica “città d’acqua”, un uomo ferito da un proiettile giunto chissà da dove. Un padre che perde la ragione per averla troppo sfregata sulla superficie dei suoi sogni. Un “suonatore di silenzio” che incanta il pubblico zittendo di colpo la sua orchestra. E una casa (“costruita dagli ebrei nel Cinquecento”) che si allarga e si restringe come la cassa di una fisarmonica.
La destinataria della “lettera” è una figura fascinosa quanto sfuggente, forse reale o forse sbucata da un sogno, ma in ogni caso, come un ologramma o una creatura aliena, insensibile alle parole (e ai sentimenti) del suo interlocutore (evocando in questo la Luna leopardiana del Canto notturno: lontana e silenziosa, ma forse custode di verità precluse agli umani).
Accolta nella terna dei finalisti alla sesta edizione del Premio Logos presieduto da Walter Mauro, questa nuova prova narrativa di Alfonso Lentini si misura, per vie oblique e allusive, con alcuni temi forti del nostro tempo come la perdita del senso, le trappole della memoria e della scrittura, lo smarrimento di una generazione che voleva cambiare il mondo (tema quest’ultimo riverberato dalla malinconica chiusa che ci conduce nell’isola veneziana di San Servolo, sede fino agli anni Settanta di un manicomio la cui antica struttura ospita oggi il cosiddetto Museo della Follia).
Mauro Pagliai, 2011
Pagine: 120
Caratteristiche: br.
Formato: 12,2x21
ISBN: 978-88-564-0161-5
Collana:
Biblioteca di Letteratura, 21
Settore: