Algeri, primi dell’Ottocento. Ancora nel bel mezzo delle guerre napoleoniche la città che da secoli è il più temibile covo di pirati dell’intero Mediterraneo chiude tra le sue mura centinaia di schiavi. Tra di loro un giorno arriva anche Filippo Pananti, toscano del Mugello, poeta che sarà sepolto tra i Grandi d’Italia in Santa Croce e salutato come il più grande epigrammista italiano per i suoi versi impertinenti, se non licenziosi. A lui tocca in sorte di essere uno degli ultimi cristiani catturati dai pirati ma anche uno dei primi occidentali dell’epoca moderna a raccontare il Maghreb e l’Islam. Il suo libro, all’epoca fortunatissimo, richiama sorprendentemente situazioni e problematiche per noi di drammatica attualità.
Pur affascinato, suo malgrado, dal mondo islamico, Pananti – giacobino assertore dell’eguaglianza di tutti gli uomini – invoca una nuova Crociata per la civiltà contro i covi dei pirati (i terroristi di oggi?) e i loro protettori (gli Stati canaglia), parla di una forza multinazionale, intuisce che vincere sarà facile ma che poi l’occupazione militare avrà un costo enorme in vite umane. L’Algeria allora diventa l’Afghanistan o l’Iraq dei nostri giorni. E già si agita lo spettro dei kamikaze…
Le vicende di Filippo Pananti precedono di oltre quindici anni la conquista francese dell’Algeria, con cui comincia uno scontro che in fondo arriva fino a noi. Ma l’epilogo non avrà come colonna sonora il rullare dei tamburi di guerra. Alla fine questa sarà una storia di perdono e oblio. La storia di un uomo che alle avventure militari preferirà i versi improvvisati con gli amici e le bicchierate davanti a un caminetto…
Algeri, primi dell’Ottocento. Ancora nel bel mezzo delle guerre napoleoniche la città che da secoli è il più temibile covo di pirati dell’intero Mediterraneo chiude tra le sue mura centinaia di schiavi. Tra di loro un giorno arriva anche Filippo Pananti, toscano del Mugello, poeta che sarà sepolto tra i Grandi d’Italia in Santa Croce e salutato come il più grande epigrammista italiano per i suoi versi impertinenti, se non licenziosi. A lui tocca in sorte di essere uno degli ultimi cristiani catturati dai pirati ma anche uno dei primi occidentali dell’epoca moderna a raccontare il Maghreb e l’Islam. Il suo libro, all’epoca fortunatissimo, richiama sorprendentemente situazioni e problematiche per noi di drammatica attualità.
Pur affascinato, suo malgrado, dal mondo islamico, Pananti – giacobino assertore dell’eguaglianza di tutti gli uomini – invoca una nuova Crociata per la civiltà contro i covi dei pirati (i terroristi di oggi?) e i loro protettori (gli Stati canaglia), parla di una forza multinazionale, intuisce che vincere sarà facile ma che poi l’occupazione militare avrà un costo enorme in vite umane. L’Algeria allora diventa l’Afghanistan o l’Iraq dei nostri giorni. E già si agita lo spettro dei kamikaze…
Le vicende di Filippo Pananti precedono di oltre quindici anni la conquista francese dell’Algeria, con cui comincia uno scontro che in fondo arriva fino a noi. Ma l’epilogo non avrà come colonna sonora il rullare dei tamburi di guerra. Alla fine questa sarà una storia di perdono e oblio. La storia di un uomo che alle avventure militari preferirà i versi improvvisati con gli amici e le bicchierate davanti a un caminetto…
Polistampa, 2005
Pagine: 232
Caratteristiche: br.
Formato: 15x21
ISBN: 978-88-8304-933-0
Collana:
Selezione Narrativa Polistampa, 11
Settore: