“È senza dubbio la potenza evocatrice e la bellezza del luogo che hanno spinto il fotografo Federico Busonero a lavorare sull’abbazia di Sant’Antimo. Fino ad allora Federico Busonero aveva fotografato i fondali marini o luoghi selvaggi quali la foresta del Monte Amiata o il Parco naturale d’Abruzzo, lontano da ogni presenza umana. Certamente, il paragone tra l’interno dell’abbazia e la penombra degli alti fusti attraversati dai raggi di luce non è vano. La verticalità delle colonne e dei pilastri non manca di ricordare quella dei tronchi degli alberi, ugualmente il cipresso che cresce presso il campanile sembra parte integrante dell’edificio, colonna di vita al fianco delle colonne di pietra. La luce penetra dentro l’abbazia attraverso aperture strette e sapientemente disposte, così come il sole tenta di attraversare lo spessore delle foglie dentro la foresta. Inoltre il fotografo ritrova in questi luoghi un’atmosfera propizia al raccoglimento, il silenzio che gli permette di isolarsi dal mondo e di concentrarsi sulla sua opera. La sua fotografia è il frutto di un lungo lavoro su di sé, uno sforzo d’osservazione e di concentrazione in primo luogo, e poi di riflessione su ciò che conferisce al luogo il suo carattere particolare. Qui la luce, l’armonia delle forme e dei volumi hanno catturato tutta la sua attenzione. Il fotografo eremita ha dunque ritrovato una fonte d’ispirazione che aveva originariamente cercato nella natura, lontano dagli uomini” (Anne Sanciaud-Azanza).
Testi di Anne Sanciaud-Azanza e Federico Busonero, con una nota introduttiva della Comunità dei Canonici Regolari di Sant’Antimo.
Testi in italiano, francese, inglese.
“È senza dubbio la potenza evocatrice e la bellezza del luogo che hanno spinto il fotografo Federico Busonero a lavorare sull’abbazia di Sant’Antimo. Fino ad allora Federico Busonero aveva fotografato i fondali marini o luoghi selvaggi quali la foresta del Monte Amiata o il Parco naturale d’Abruzzo, lontano da ogni presenza umana. Certamente, il paragone tra l’interno dell’abbazia e la penombra degli alti fusti attraversati dai raggi di luce non è vano. La verticalità delle colonne e dei pilastri non manca di ricordare quella dei tronchi degli alberi, ugualmente il cipresso che cresce presso il campanile sembra parte integrante dell’edificio, colonna di vita al fianco delle colonne di pietra. La luce penetra dentro l’abbazia attraverso aperture strette e sapientemente disposte, così come il sole tenta di attraversare lo spessore delle foglie dentro la foresta. Inoltre il fotografo ritrova in questi luoghi un’atmosfera propizia al raccoglimento, il silenzio che gli permette di isolarsi dal mondo e di concentrarsi sulla sua opera. La sua fotografia è il frutto di un lungo lavoro su di sé, uno sforzo d’osservazione e di concentrazione in primo luogo, e poi di riflessione su ciò che conferisce al luogo il suo carattere particolare. Qui la luce, l’armonia delle forme e dei volumi hanno catturato tutta la sua attenzione. Il fotografo eremita ha dunque ritrovato una fonte d’ispirazione che aveva originariamente cercato nella natura, lontano dagli uomini” (Anne Sanciaud-Azanza).
Testi di Anne Sanciaud-Azanza e Federico Busonero, con una nota introduttiva della Comunità dei Canonici Regolari di Sant’Antimo.
Testi in italiano, francese, inglese.
Polistampa, 2003
A cura di:
Pagine: 60
Caratteristiche: ill. col., cart.
Formato: 24x22
ISBN: 978-88-8304-628-5
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