“Scrissi le pagine che seguono fra l’autunno del 1945 e la primavera del 1946 quando il ricordo dei fatti che vi sono descritti era ancora, per me, una dolorosa realtà, una ferita aperta (alla maggior parte di essi ho partecipato direttamente, di altri sono stato testimone oculare, alcuni mi sono stati raccontati dagli stessi protagonisti) con l’intento di adempire all’impegno morale verso i miei compagni, morti in prigionia, di lasciare del loro sacrificio una testimonianza che fosse, allo stesso tempo, un invito a riflettere e un monito a vigilare affinché simili orrori non avessero più a ripetersi: un proposito lodevole che, però, non portai a termine.
Tornato alla vita normale dopo una lunga convalescenza - col tempo le ferite rimarginano anche se le cicatrici restano – mi convinsi con rammarico che messaggi come il mio avevano ben poche possibilità di essere recepiti. Infatti la gran massa della gente desiderava solamente chiudere col passato, divertirsi, recuperare il tempo perduto spinta da una sorta di frenesia che finì per convincermi a seguirne l’esempio.
E così, certo della loro inutilità, ne feci un pacco e le chiusi nel cassetto delle illusioni perdute, ultima tappa prima del cestino, dove sono rimaste fino al giorno in cui la minore delle mie nipotine, che ha trasformato la casa dei nonni, dal seminterrato alle soffitte, in una specie di riserva personale per le sue periodiche battute di caccia al tesoro, le ha esumate, forzandone la serratura, rimettendo inconsapevolmente in moto il perverso meccanismo dei miei vecchi sensi di colpa.
Dal momento in cui sono riapparse quelle pagine ingiallite dal tempo mi perseguitano come un atto di accusa, come un rimprovero proveniente dall’altro mondo. Le scrissi per tenere fede a una promessa, perché il ricordo dei miei disgraziati compagni non andasse perduto, per dare un senso alla loro morte e invece le dimenticai stoltamente in un cassetto tradendo me stesso e la loro memoria [...].
Se la lettura di queste pagine riuscisse a indurre anche una sola persona a impegnarsi con maggiore vigore nel contrastare il cancro della violenza che avvelena l’umanità, potrei dire di aver anch’io, col mio piccolo mattone, fatto qualcosa di utile per costruire una società migliore” (l’A.).
Il volume contiene gli elenchi dei civili e militari marradesi deportati nei lager nazisti.
Presentazione di Giuseppe Matulli.
“Scrissi le pagine che seguono fra l’autunno del 1945 e la primavera del 1946 quando il ricordo dei fatti che vi sono descritti era ancora, per me, una dolorosa realtà, una ferita aperta (alla maggior parte di essi ho partecipato direttamente, di altri sono stato testimone oculare, alcuni mi sono stati raccontati dagli stessi protagonisti) con l’intento di adempire all’impegno morale verso i miei compagni, morti in prigionia, di lasciare del loro sacrificio una testimonianza che fosse, allo stesso tempo, un invito a riflettere e un monito a vigilare affinché simili orrori non avessero più a ripetersi: un proposito lodevole che, però, non portai a termine.
Tornato alla vita normale dopo una lunga convalescenza - col tempo le ferite rimarginano anche se le cicatrici restano – mi convinsi con rammarico che messaggi come il mio avevano ben poche possibilità di essere recepiti. Infatti la gran massa della gente desiderava solamente chiudere col passato, divertirsi, recuperare il tempo perduto spinta da una sorta di frenesia che finì per convincermi a seguirne l’esempio.
E così, certo della loro inutilità, ne feci un pacco e le chiusi nel cassetto delle illusioni perdute, ultima tappa prima del cestino, dove sono rimaste fino al giorno in cui la minore delle mie nipotine, che ha trasformato la casa dei nonni, dal seminterrato alle soffitte, in una specie di riserva personale per le sue periodiche battute di caccia al tesoro, le ha esumate, forzandone la serratura, rimettendo inconsapevolmente in moto il perverso meccanismo dei miei vecchi sensi di colpa.
Dal momento in cui sono riapparse quelle pagine ingiallite dal tempo mi perseguitano come un atto di accusa, come un rimprovero proveniente dall’altro mondo. Le scrissi per tenere fede a una promessa, perché il ricordo dei miei disgraziati compagni non andasse perduto, per dare un senso alla loro morte e invece le dimenticai stoltamente in un cassetto tradendo me stesso e la loro memoria [...].
Se la lettura di queste pagine riuscisse a indurre anche una sola persona a impegnarsi con maggiore vigore nel contrastare il cancro della violenza che avvelena l’umanità, potrei dire di aver anch’io, col mio piccolo mattone, fatto qualcosa di utile per costruire una società migliore” (l’A.).
Il volume contiene gli elenchi dei civili e militari marradesi deportati nei lager nazisti.
Presentazione di Giuseppe Matulli.
Polistampa, 2002
Pagine: 200
Caratteristiche: ill. b/n, cart.
Formato: 15X21
ISBN: 978-88-8304-475-5
Settori: