“Una viaggiatrice che s’inoltra, entra in itinerari non previsti dalle guide, spinta com’è dalla voglia di vedere per necessità, di conoscere e capire.
I suoi percorsi possono apparire casuali e talvolta lo sono perché suggeriti dall’impulso di vedere in questa o quell’altra direzione non prevista. Cos’è tutto ciò se non il desiderio di entrare direttamente nelle viscere della vita là dove non è recitata, ma vissuta?
È da tale andare che nascono le immagini di questo libro che l’autrice ha voluto chiamare I colori del tempo.
Francesca è una fotografa istintuale che va diretta al nocciolo, che rappresenta fotograficamente dandoci al tempo stesso la descrizione e la decorazione: vale a dire ci fa intendere cos’è che ha ripreso e intere ci trasmette le sue emozioni, facendole avvertire dentro.
È la trasformazione di una informazione visiva in un moto dell’anima che pulsa vitale all’interno dell’immagine, dove dinamiche esterne armonicamente si fondono. Esistono fotografi meglio attrezzati di lei tecnicamente, ‘più bravi’ ma freddi, presi come sono dalla bramosia di ottenere sempre ‘belle fotografie’. Niente è più distante da Francesca di questo modo di concepire la fotografia!
Un esempio: per lei è del tutto normale, come di fatto lo è, fotografare intrichi di vegetazione inesplicabili, fotograficamente brutti (direbbero quei fotografi ‘bravi’), forme in conflitto di linee, colori e volumi, e riuscire, in barba a tutti gli enunciati sul come fare belle fotografie, a mutare tanto caos in visioni dentro cui vanno a ficcarsi curiosi ed emozionati i nostri sguardi. Oppure mostrarci spazi arati dove la terra, scrivendola, enuncia la sua natura di madre che accoglie, dà vita e nutre.
Poi in prospettiva frontale quattro cime di cipressi divenuti pennelli, dipingono se stessi dopo avere pitturato il ‘quadro’. Altrove è il balletto fucsia d’una vite americana a campo totale. Tutte le sue rappresentazioni, pur così semplici e dirette sono diventate visioni che emanano suggestioni.
Non un paesaggio che ci indichi una qualsivoglia strada che ci conduce da un luogo all’altro, secondo la naturale, quanto necessaria modalità al nostro procedere tranquilli per un cammino consolidato, ma l’ininterrotto succedersi d’apparizioni di cose, di luoghi improvvisi e imprevisti che sono ogni volta sorpresa e rivelazione. Queste fotografie potrebbero essere state scattate nei cinque continenti con l’anticipazione di alcune immagini di un sesto ancora da scoprire, ma che mano a mano che le osserviamo in questo libro emerge chiaramente: il mondo reale e fantastico di Francesca Bolla” (Luciano Ricci).
“Una viaggiatrice che s’inoltra, entra in itinerari non previsti dalle guide, spinta com’è dalla voglia di vedere per necessità, di conoscere e capire.
I suoi percorsi possono apparire casuali e talvolta lo sono perché suggeriti dall’impulso di vedere in questa o quell’altra direzione non prevista. Cos’è tutto ciò se non il desiderio di entrare direttamente nelle viscere della vita là dove non è recitata, ma vissuta?
È da tale andare che nascono le immagini di questo libro che l’autrice ha voluto chiamare I colori del tempo.
Francesca è una fotografa istintuale che va diretta al nocciolo, che rappresenta fotograficamente dandoci al tempo stesso la descrizione e la decorazione: vale a dire ci fa intendere cos’è che ha ripreso e intere ci trasmette le sue emozioni, facendole avvertire dentro.
È la trasformazione di una informazione visiva in un moto dell’anima che pulsa vitale all’interno dell’immagine, dove dinamiche esterne armonicamente si fondono. Esistono fotografi meglio attrezzati di lei tecnicamente, ‘più bravi’ ma freddi, presi come sono dalla bramosia di ottenere sempre ‘belle fotografie’. Niente è più distante da Francesca di questo modo di concepire la fotografia!
Un esempio: per lei è del tutto normale, come di fatto lo è, fotografare intrichi di vegetazione inesplicabili, fotograficamente brutti (direbbero quei fotografi ‘bravi’), forme in conflitto di linee, colori e volumi, e riuscire, in barba a tutti gli enunciati sul come fare belle fotografie, a mutare tanto caos in visioni dentro cui vanno a ficcarsi curiosi ed emozionati i nostri sguardi. Oppure mostrarci spazi arati dove la terra, scrivendola, enuncia la sua natura di madre che accoglie, dà vita e nutre.
Poi in prospettiva frontale quattro cime di cipressi divenuti pennelli, dipingono se stessi dopo avere pitturato il ‘quadro’. Altrove è il balletto fucsia d’una vite americana a campo totale. Tutte le sue rappresentazioni, pur così semplici e dirette sono diventate visioni che emanano suggestioni.
Non un paesaggio che ci indichi una qualsivoglia strada che ci conduce da un luogo all’altro, secondo la naturale, quanto necessaria modalità al nostro procedere tranquilli per un cammino consolidato, ma l’ininterrotto succedersi d’apparizioni di cose, di luoghi improvvisi e imprevisti che sono ogni volta sorpresa e rivelazione. Queste fotografie potrebbero essere state scattate nei cinque continenti con l’anticipazione di alcune immagini di un sesto ancora da scoprire, ma che mano a mano che le osserviamo in questo libro emerge chiaramente: il mondo reale e fantastico di Francesca Bolla” (Luciano Ricci).
Polistampa, 2001
Pagine: 112
Caratteristiche: ill. col., rileg. tela
ill. col., rileg. tela
Formato: 24x24
ISBN: 88-8304-302-2
Settori: